“Sei fragile come lui” mi disse Luciano, indicando l’angelo sulla mia scrivania: una statuina di vetro soffiato, che alla luce diventava iridescente. Avevo pianto al ricordo di un’esperienza che mi era appena capitata. Avevo visto alla televisione l’intervista a uno dei grandi leader sindacali dei nostri tempi. Guardavo il volto dai sereni occhi azzurri con la consapevolezza inconscia che fosse morto. Ma l’avevo negata. E mentre lui parlava di sé, sullo sfondo delle Dolomiti di San Candido, un paesaggio che mi è caro e familiare, mentre raccontava le sue lotte – e si vedevano sfilare operai e compagni e folle immense in sciopero – e parlava della sua infanzia e giovinezza, non avevo dubitato per un istante che fosse vivo. Solo dopo, a un tratto mi era venuto il dubbio e quando Luciano mi aveva detto che era morto da qualche anno, non ero riuscita a trattenermi e avevo pianto. Forse perché avevo colto il senso della morte: vederlo sullo schermo, sentirlo vivo e poi sapere che non c’era più, mentre mi ero convinta che fosse ancora là, fra le montagne che amava. Ancora parte della nostra vita.
Bellissimo questo ricordo di Bruno.
Io e Carlo l’abbiamo conosciuto personalmente, ospite a casa nostra, e mi ha fatto davvero piacere vedere che è ancora ricordato,dopo tanti anni.
E’ stato un grande intellettuale della sinistra , figura di cui si sente particolarmente la mancanza, specialmente in questo momento di vuoto ideologico e di squallore politico.
Chissà che anche il desiderio di giustizia sociale non possa rinascere dalle ceneri come la Fenice: ce lo auguriamo per i nostri nipoti.
I nostri figli ormai sono stati vittime di questi anni in cui purtroppo hanno dovuto mortificare anche i loro sogni.