La mia religione è legata al mondo naturale, che per me riflette la divinità, è la divinità stessa. In Anna Maria Ortese ho trovato qualcuno che condivide il mio culto, le cui radici affondano negli albori della storia umana. È il culto della Madre Terra, fonte di vita, fecondità, amore.
“… la Terra è un corpo celeste, … la vita che vi si espande da tempo immemorabile è prima dell’uomo, prima ancora della cultura, e chiede di continuare a essere, e a essere amata, come l’uomo chiede di continuare a essere, e a essere accettato, anche se non immediatamente capito e soprattutto non utile. Tutto è uomo. Io sono dalla parte di quanti credono nell’assoluta santità di un albero e di una bestia, nel diritto dell’albero, della bestia, di vivere serenamente, rispettati, tutto il loro tempo. Sono dalla parte della voce increata che si libera in ogni essere, e della dignità di ogni essere – al di là di tutte le barriere – e sono per il rispetto e l’amore che si deve loro.”(Corpo celeste, Piccola Biblioteca Adelphi 1997, p. 52)
Se per gli antichi il mondo era divino, non avevano alcun bisogno di un dio che li trascendesse. La loro esistenza era immersa nelle luci e nelle ombre del sacro. Ma da quando il sacro è stato confinato in una dimensione altra da quella umana, terrestre, celeste, cosmica, si è trasformato in una divinità lontana, distante, severa, l’occhio di Dio. Non è più la Madre, che racchiude nel suo abbraccio tutte le sue creature, che è le sue creature: donna, uomo, bambini, animali, piante, rocce, astri. Poiché la Madre non ci guarda da un cielo lontano, ma è parte di noi.
Sono giunta a sentire la Madre come una ineffabile essenza cosmica. Da Lei e dal suo sposo – l’Oscuro – sono nate le galassie, la Terra, il Sole, la Luna. Da lei scaturiscono invisibili correnti di forza e energia che ci pervadono e penetrano, se siamo pronti ad accoglierle. Circonfusa di luce, emana la luce che disperde le tenebre. Dà la vita. I due princìpi, femminile e maschile, sono sempre inestricabilmente presenti. Ma non riesco a immaginare il dramma cosmico che ha portato alla loro unione. Non riesco a vedere lo Sposo. So che deve esistere fin dall’inizio al fianco di lei. A quell’unico istante di luce e oscurità incommensurabili – che si sono combattute prima di unirsi – deve risalire l’archetipo delle nozze sacre. Ogni evento del cosmo è una delle sue molteplici manifestazioni. Questi messaggi sono racchiusi in noi – incancellabili, imperscrutabili – e rivivono in noi attraverso gli eoni.